Ci sono collezioni che nascono come un impasto di sensazioni agganciate ad un’ispirazione personalissima, un immaginario apparecchiato dalla mente mentre assapora il gusto di predilezioni un filo discostate dal sentiero battuto delle classiche sorgenti di idee dedicate alla moda: ma, forse proprio per questo, gli abiti e accessori che poi prendono forma s’impregnano di fascino alternativo.
Solleticano la curiosità fino a vincere anche l’applauso degli esperti blasé del settore.
In questo nostro caso, tale attitude densa d’individualità è condensata nel mondo creativo di un nome che viene da assai lontano, secondo la distanza geografica della terra d’origine asiatica, ma che si allaccia con vicinanza aggraziata e risoluta al gusto nostro occidentale, stiloso nell’apparenza e assai ricercato nella sostanza. Or dunque, che si sveli il nome: Ricostru!
Per tutte e tutti coloro che al brand rivelato sentono la memoria fashionista attraversata da un pensiero rapido e recente che deposita un suggerimento che dice all’incirca così: questo nome suona nuovo, eppur familiare, come se avesse già preso il suo posto nella nostra settimana della moda milanese; ebbene è esatto!
Ricostru è il brand, ma ancor meglio il mondo di stile la cui mente fondatrice e anima creativa appartengono a Riko Manchit Au: giovane fashion designer cinese di origine e milanese di formazione alla moda, che lo scorso settembre è stata avvolta dall’ala protettrice di Giorgio Armani che le ha riservato il suo Teatro come palcoscenico di debutto, e al contempo come riconoscimento alla mischia di minimalismo della forma e lusso contemporaneo nella ricerca che rende la sua identità di stile già peculiare, nonché meritevole del successo crescente che sta già godendo.
E che l’ha ricondotta a Milano per la presentazione della nuova collezione a/i 2017-18, andata in scena al Museo della Scienza e Tecnologia.
Un’ispirazione personalissima, si accennava nell’intro a questo racconto, ha mosso le fila dei pensieri divenuti poi creazioni da indossare: la suggestione è tutta racchiusa nel titolo, “Silence is sexy”, lo stesso del brano rock preferito dalla designer.
Ed ora, immaginate: la stanza è immersa in un buio avvolgente, una fiamma si accende, balugina tremolante e poi si spegne con un sibilo che fende l’aria e fa spazio ad una voce calda, sensuale.
Il silenzio diventa morbido, ospita le note profonde che intonano “Silence is sexy / Silence is sexy / So sexy / So silence / Silence is sexy”, intanto la chitarra elettrica si fonde nella nota sintetica industriale: uno sfondo che è un mix potente, psichedelico ed esplosivo, fatto di calma e arroganza, di ribellione e rigore.
Di allure sexy e linguaggio di stile minimale: questa è la formula segreta che mette in equilibrio i contrasti e li assembla in capi dove l’eco stilosa retró richiama le rock band degli 80s, le scruta nei completi eleganti e nei pantaloni da uomo, nell’azzardo seducente della pelle che diventa materia d’eleganza per cappe geometriche, pantaloni e giubbotti che si allungano in tante frange, e nelle scollature che accarezzano il desiderio come le velature che sfiorano la pelle mentre le strutture dei capispalla si fanno imponenti ma sempre femminili.
I volumi si costruiscono nei colli che avvolgono il volto, si scolpiscono nei materiali innovativi realizzati a mano, si espandono nelle spalle over che piombano a terra lungo le maniche extra-long: poi, la provocazione esce dal nero misterioso e entra nella luce, s’ingentilisce nelle tinte chiare e nei riflessi metallici, s’illumina nelle stoffe cangianti, nei giochi di strati e leggerezze impalpabili, negli accessori essenziali. In un adagio di scomposizione e ricomposizione delle forme che diventa identità iconica, mentre la voce continua ad intonare “Silence is sexy / So sexy / So sexy / Silence is not sexy at all / L’amusement / Solitude…”