Mi Pap+: un nuovo progetto Mi Milano Prêt-à-porter, manifestazione che si è svolta dal 23 al 26 settembre a fieramilanocity, un suffisso positivo per un nuovo corso, importante e significativo. Mi Pap+ ha come mission quella di creare sinergie di altissimo livello dando spazio ai giovani talenti italiani. E per questo esordio due nomi emergenti si sono uniti al marchio simbolo della sartorialità napoletana nel mondo. Da una parte Kiton e dall’altra Nicholas Jiulitta, padre italiano e madre belga, alle spalle stage nell’atelier di Carol Christian Poell, un dilpoma allo Ied e già artefice di una sua collezione finanziata da Valentino Fashion Group, e Andrea Colombo, anche lui diplomato allo Ied, collaborazioni con lo studio Blaak di Londra e co-artefice della collezione 2012 di Cerruti.
Ho chiacchierato proprio con Julitta e Colombo, per farmi raccontare la capsule collection realizzata con Kiton e l’importanza di questa collaborazione.
Nicholas Jiulitta e Andrea Colombo
Come è nata la collaborazione con Kiton e come avete affrontato questo progetto?
A.C.: La collaborazione è nata dall’unione di Mi-PAP e Kiton, che hanno scelto me e Nicolas per disegnare una capsule di 4 outfit ciascuno. La cosa veramente interessante di questo progetto è stata la totale libertà che l’azienda mi ha lasciato.
N.J.: È giusto dire che Milano negli ultimi anni sta sempre più prendendo in considerazione il lavoro degli emergenti, da storica città del “prodotto” sta cercando di spostare l’attenzione sulle novità che vengono dalle scuole e dagli under 30. Kiton+MiPap fa parte di uno di questi progetti ed io, con estrema gratitudine verso la selezione fatta dalla fiera, ho potuto lavorare con una tra le più importante sartorie al mondo.
Che cosa vi ha colpito della storia e del percorso del brand, che cosa avete sentito affine?
A.C.: La cosa che più mi ha colpito è l’impegno e la dedizione con cui tutti lavorano per ottenere un risultato di livello altissimo. Probabilmente questo è l’affinità maggiore che ho trovato con Kiton, non è qualcosa legato all’immagine o alla storia del marchio, ma la pratica, il “lavoro” vero e proprio.
N.J.: La filosofia che Kiton è riuscita a conservare negli anni, la qualità del prodotto finito, l’attenzione per ogni singolo dettaglio, nonché la considerazione verso il lavoratore che fa parte dell’azienda e la stupenda struttura in cui sono immersi sono un frammento delle cose che impressionano quando si ha la possibilità di entrare nel universo Kiton.
Un outfit della capsule realizzata da Andrea Colombo con Kiton
Mi raccontate in breve la vostra collaborazione con Kiton, la capsule che avete realizzato?
A.C.: Il mio lavoro è incentrato sui volumi e sulla ricerca di texture e tessuti non convenzionali per l’abbigliamento femminile. Tutti i tessuti sono presi dall’archivio da quelli del guardaroba maschile e da cravatteria. L’idea era di arrivare ad avere volumi astratti, non i tagli classici tipici dell’azienda, con accenni di costruzioni sartoriali in punti inaspettati. Ogni dettaglio è studiato per dare un senso di familiarità che si perda nella costruzione più o meno astratta, scomposta del capo.
N.J.: Ho lavorato sull’unicità delle lavorazioni che Kiton ha la possibilità di realizzare nella sua sartoria. La giacca di costruzione maschile, ma ri-disegnata sul corpo femminile lasciando vedere schiena e braccia, il cappotto classico, ma rivisitato tra i volumi del collo, abiti che ricordano l’eleganza di una giacca e camicie che rivelano le forme femminili. Kiton ha messo a disposizione il suo archivio storico di tessuti, dove è stato facile trovare il materiale per questa capsule.
Un outfit della capsule realizzata da Nicholas Jiulitta con Kiton
Che insegnamento e che riflessioni porterete con voi da questa esperienza?
A.C.: Questa esperienza è stata importante perché mi ha permesso di seguire tutto il processo dall’inizio alla fine in totale libertà, assumendomi la piena responsabilità delle mie scelte. Direi che questo è l’insegnamento più grande che si possa ricevere.
N.J.: Sicuramente che le migliori aziende non nascondono mai le proprie conoscenze.
Kiton è un marchio simbolo del Made in Italy. Quanto è importante secondo voi nel mondo ancora il concetto di Made in Italy?
A.C.: Il Made in Italy è un enorme base da cui partire per fare sempre meglio. Ha un potenziale pressoché infinito, ma non bisognerebbe mai adagiarsi su questa qualità, credo si debba cercare di spingere sempre oltre. Comunque credo che oggi abbia poco senso limitarsi a ragionare per confini. Il mondo deve e va avanti, e se l’Italia può dare una mano tanto meglio.
N.J.: Fortunatamente la passione e l’attaccamento verso un idea e la capacità di rinnovarsi continuamente e rigenerarsi da quello che succede intorno sono dei fattori incredibili che coesistono nella cultura italiana, il Made in italy ha valore in primis per questo motivo ed è appunto questo che deve perdurare in tutte le aziende italiane. Che in seguito questa parola si sia legata, soprattutto all’estero, alla qualità di un prodotto, da solo più valore al mercato della penisola.
Da sinistra: Nicholas Julitta, Antonio De Matteis (amministratore delegato di Kiton), Andrea Colombo