Leggendo il comunicato stampa della nuova edizione di “A.I. Artisanal Intelligence In-Existent”, mi colpisce una frase: “Un progetto che trova nella moda il pretesto per vivere turisticamente e culturalmente la città.” Non ho avuto sempre modo in passato di prendere parte ad AltaRoma AltaModa e quindi di assistere a precedenti edizioni di A.I., ma sicuramente questo è un aspetto che di persona, quando ho avuto la fortuna di essere nella capitale, o grazie ai reportage fotografici dell’evento su siti e webzine ho sempre apprezzato molto, che lo rende più affascinante e culturalmente molto stimolante.
Come non gioire ed essere fieri poi delle proprie radici e del valore del made in Italy, quando una iniziativa riesce a sposare un’idea interessante, il lavoro di giovani designer, il recupero di sartorie storiche e luoghi nascosti e inconsueti, raccontando in pochissimi giorni come la creatività contemporanea possa confrontarsi con il passato e la sua bellezza, come il know how italiano riesca a tradursi in risorsa per il presente, come la moda possa, ancora una volta e in maniera potente, farsi espressione di cultura e mezzo di comunicazione, mondo di contenuti e non solo promozione di merci.
Questa volta A.I. Artisanal Intelligence, che si tiene il 31 gennaio e il primo di febbraio, indaga la smaterializzazione e la reinvenzione, l’immateriale e l’inconsistente materializzato, per cercare tracce e nuovi segni con l’aiuto del preesistente. Due le sedi, una volta parte dello stesso insediamento e ora divisi per evoluzione urbanistica: la Villa Poniatowski restaurata nel ‘700 dal Valadier e un’associazione culturale per l’arte contemporanea negli spazi che un tempo erano scuderia della villa.
Ecco perché l’allestimento dei giovani designer si colloca nella Villa antica, accompagnato dai costumi bianchi realizzati per la “Norma” da un maestro come Capucci, da elementi del guardaroba femminile, crinoline e biancheria, oltre che abiti talari del 700, della Sartoria Farani, dai costumi di Bussotti della Sartoria Annamode: per mostrare il rapporto fra il nuovo e i fantasmi artisticamente colti del passato.
Fra i designer e i brand contemporanei in mostra: Dome, Voodoo Jewels e Design Digest, diverse espressioni del mondo della gioielleria; le borse di Tania Marta Pezzuolo per il brand Monteneri, quelle di Bistrusso e quelle di Sara Valente, ma anche le calze di 77 denari per Sensumlab caratterizzate da una stampa serigrafica artigianale; gli abiti di Florentina Isac, la ricerca grafica della maglieria di Elise Perrotta, il tema dell’out of focus sviluppato da Maria Cristina Cerulli, ancora ricerca nella maglieria, qjuesta volta per raccontare una relazione, per Hyun Oh, la capsule dalle linee pulite di MAD.E di Ginevra Odescalchi in collaborazione con Elica Sartogo per SO, presentata con le maschere della sartoria teatrale Slow Costume della costumista Giovanna Buzzi.
Dentro AlbumArte, spazio indipendente per l’arte contemporanea, l’heritage famoso in tutto il mondo di Albertina con i suoi abiti in maglia, che sono anche parte dell’archivio del MET, e i vestiti del giovane couturier Gianluca Saitto, tra cui quelli realizzati per Patty Pravo, qui anche in un video del 1968, dove appare con Piero Gherardi, costumista di Federico Fellini.
Mondi fantastici che si incontrano, creatività che si confrontano, per arricchire gli spettatori. Non vedo l’ora di essere nella capitale per vedere tutto questo e respirare storia e ricerca, novità e realtà da recuperare.
Inesistente? Effimera? Secondo alcuni la moda lo è. Io invece nel titolo di A.I. ci vedo molto ironia, non considero affatto l’iniziale ‘in’, ma colgo invece tanta meraviglia e concretezza!
E grazie ad AltaRoma che ancora una volta ci permette di riempire la mente, e il cuore, di tutto questo.