Iniziamo oggi un nuovo appuntamento. Si chiamerà ‘Conversazioni di moda’ ed è il proseguimento ideale delle chiacchierate fra me e addetti ai lavori, o aspiranti tali, che rientravano nei ‘4 words’. Dopo l’ultimo esperimento sono stato accusato da chi mi conosce bene di non aver preso una posizione, di essere stato troppo neutro rispetto all’argomento e a chi stavo intervistando, è da lì che è nata l’idea di ‘Conversazioni di moda’. Non tanti dialoghi diversi, ma un’unica intervista, composta di varie tappe, ad ognuna il personaggio da me incontrato passa il testimone a quello successivo, che prosegue il dialogo da dove l’ha lasciato il precedente. Un flusso continuo di parole, ma tante voci, da me dirette e indirizzate. Perché non solo verrà dato spazio alle opinioni degli intervistati (notate bene: opinioni!), ma si dovrà capire che chi sta intervistando non è solo curioso, ma si raffronta ad un tema che ama. Perché lepilloledistefano sono sicuramente un divertissement, ma sono il ‘passatempo’ di una persona che, a volte svolazzando come una farfalla, a volte più introspettiva e profonda, ritiene che lo stile, l’estetica, le arti visive servono a donarci il bello, a creare un sogno, ma anche a farci pensare, che sono forme espressive importanti, dietro alle quali c’è un lavoro serissimo, che non può essere dato per scontato, soprattutto quando – parlando ad esempio del nostro Bel Paese – continua ad essere una delle voci più forti del Made in Italy nel mondo. Iniziamo con Stefania Bertoni, docente di fashion all’ISIA di Faenza (Ra), designer che per ben due volte è stata finalista al concorso Who’s on next? sponsorizzato da Vogue, da sempre legata al mondo del gioiello e del ri-uso, collaborando con A.N.G.EL.O., uno dei nomi più importanti del vintage in Italia, nei suoi progetti di riciclato, come la linea A.N.G.E.L.O. Gold. Eccovi il mio ‘botta e risposta’ con Stefania.
Stefania, partiamo da un’analisi generica del fashion system. Una cosa che mi ha sempre colpito è come -in Italia soprattutto- la moda (e con lei tutto ciò che circonda gli abiti e lo stile) venga costantemente ritenuto un fenomeno di serie z. Addirittura quando si tenne nel 1996 la famosa Biennale Moda-Arte a Firenze molti intellettuali storsero il naso davanti al possibile dialogo fra due mondi ritenuti molto lontani e incompatibili. Secondo alcuni occuparsi di moda corrisponderebbe un po’ allo stare a casa a pettinare bambole o – peggio ancora – a passare il tempo a scegliere cosa indossare da un ipotetico guardaroba firmatissimo, che ovviamente chiunque faccia parte di questo ambiente possiederebbe. Tu lavori come stilista e docente di moda da molti anni, come consideri questo approccio e secondo te perché esiste tale preconcetto?
Allora, credo che andrebbero fatti dei ragionamenti distinti, premesso che anche io, come chiunque lavori "ragionevolmente" nella moda, come in qualunque altro settore, penso ci siano un sacco di cose più importanti a cui dovremmo "badare" nella vita. Detto questo, la moda è una cosa seria. Molto. Innanzitutto distinguerei fra il periodo prima dell’avvento dei media e quello dopo. E comunque sia abbiamo attraversato un secolo, il novecento, dove tutto, l’atteggiamento nei confronti di tutto, è cambiato spesso e volentieri. Quello che non è mai cambiato è l’importanza della moda nel cercare di interpretare e significare chi la veste. Tutti. No logo compresi. Ma immagino tu ti riferisca soprattutto ai nostri giorni. E’ vero, il mondo del design è pieno di personaggi che ancora storcono il naso quando parli di ‘fashion’ e di solito, per esperienza personale, sono loro i più griffati di tutti! Capisci cosa intendo? E’ solo una questione di cultura. Come sempre! E parlo della cultura di chi fa la moda e della cultura di chi usufruisce della moda. Tra i ragazzi, ti assicuro, i più attenti all’abbigliamento sono quelli che "snobbano" i concetti di stile e di tendenze. Ma siccome, se parliamo ad esempio di studenti d’arte o di design, hanno appreso nozioni di teoria del colore, di armonia delle forme e così via, si vestono in modo adeguato sempre. Questa è la moda. Quello che loro tanto abiurano! Poi ci sono quelli che pur di non essere ‘trendy’ vanno a comprare nei discount o nei mercati, senza considerare che quelli che seguono la moda sono proprio questi. Questi non fanno e non possono fare ricerca e quindi fanno moda. Sono le persone che associano a questa parola un sacco di soldi da spendere, che alla fine si vestono ‘alla moda’ più di chi spende magari per trovare uno stilista di ricerca, perché non vuole essere omologato. La "moda" ha da sempre accompagnato l’arte, la musica, il cinema, tutte quelle forme d’arte che, sociologicamente parlando, sono significative di un epoca, di un periodo. Lo raccontano e lo spiegano.
Il preconcetto, allora?
Chi lo ha – e sono molti – lo ha anche nei confronti della vita e delle altre forme d’arte. E’ razzista, ma non lo ammetterebbe mai. Guarda certi programmi, ma non lo lascerebbe trapelare mai. Frequenta alcuni locali, ma non lo direbbe la mai. E’ semplicemente ignorante, ma non lo ammetterà mai. Parla per frasi fatte e luoghi comuni. Ritorno all’inizio di questa chiacchierata, è una questione di cultura e questa parolina non significa solo aver letto molti libri, ma essere costantemente attenti a quello che è il nostro tempo e a quello che succede, come si evolve. E questo vale per la moda, per l’arte, per la politica, per la vita in generale. Chi appartiene a questa piccola e sparuta compagnia non avrà mai preconcetti sulla moda, perché semplicemente è una persona che si sforza di non avere preconcetti.
Nel discorso sembra di capire che a tuo avviso chi sceglie di vestirsi nelle grandi catene dello stile a basso costo può essere fashion tanto quanto chi veste Versace. Giusto? Inoltre, così mi sembra di capire, anche coloro che pensano di fare controcultura (se così si può definire oggi) possono cadere ‘vittima’ di una sorta di omologazione di stile e quindi di una ‘moda’, concetto che loro abiurerebbero. O sbaglio?
Non tanto quanto. Molto di più. Sono loro che fanno la moda, o meglio che la perpetuano, i no logo e le grandi catene. Accadeva anche 100 anni fa: meno spendi e più sei vittima, più ti sforzi di non occuparti del problema e più lo subisci. Non c’è consapevolezza in questo senso. E’ soprattutto chi pensa di non fare moda che la fa. Perché la subisce. Non fa delle scelte, perché farle vorrebbe dire prendere in considerazione il problema e il problema, secondo loro, non esiste. Secondo loro la moda è una sciocchezza destinata a qualcuno che ama guardarsi tutto il giorno allo specchio. Sia chiaro, queste persone esistono in tutte le categorie, ma se questi personaggi che non scelgono, pensando di ostacolare la moda, si decidessero invece a fare delle scelte più consapevoli, forse accadrebbe qualcosa di interessante e nuovo anche nel mondo del fashion system.
Alcuni accusano le grandi catene dello stile di avere appiattito il gusto internazionale, di averlo omologato. La teoria è che da un lato abbiamo il mondo degli stilisti, diretto ad un pubblico elitario, fatto di idee e una visione della moda personale, dall’altra il mondo delle catene discount o simili che, vendendo la stessa maglietta ovunque ma a prezzi bassi, non permette un filtro, portando i ragazzi a vestirsi tutti alla stessa maniera. Tu che ne pensi?
Il discorso è veramente complesso. Anche le case, gli arredi delle nostre abitazioni, si assomigliano sempre di più. Ma, potendo risparmiare, non vedo perché non andare ad acquistare dove un mobile è carino, di design e costa anche poco. Dipende sempre dalla persona. Se la mia casa è completamente arredata in questo modo e io mi vesto solo nei grandi magazzini posso essere omologato, se faccio delle scelte lo sarò molto meno. La moda: una uniformità sociale che scaturisce dall’innovazione ciclica e sistematica. Stiamo parlando di moda e di chi la veste. Non di come uno sceglie di vestirsi. Io non amo neanche quelli che vestono solo griffe. Questi fanno una moda ancora meno sensata degli altri, perché spesso non solo non scelgono neanche loro e si affidano semplicemente al negozio più di grido della loro città o copiano un testimonial di successo ma, oltretutto, spendono anche un sacco di soldi. Fanno tutti la stessa cosa, solo che chi compra griffato spende molto, chi va nelle grandi catene spende poco. Entrambi vestono alla moda. Dico solo che dovremmo essere tutti più consapevoli, che coloro che pensano di snobbarla spesso e volentieri sono più alla moda di altri, perché disinteressandosene non fanno delle scelte. Mentre chi è veramente attento allo stile, fa delle scelte, che non possiamo discutere se giuste o sbagliate, ma almeno mostra un gusto personale, manifesta un giudizio e quindi una personalità, è consapevole che il suo abito ha un ruolo, che lo rappresenta, comprando magari non sempre e non necessariamente griffato, non sempre e non necessariamente nella stessa grande catena.
oggi le persone hanno timore di prendere le proprie responsabilità,cercano d nascondersi all’ interno della moltitudine dalla quale escono solo per giudicare il diverso. in questo modo riescono a esorcizzare le loro paure..fare moda vuol dire scegliere,capire,esprimere se stessi ,essere visionari…essere liberi…
lo diceva già Simmel nell’800 che chi non segue la moda spesso la segue più di chi pensa di seguirla, gli unici che non la seguono veramente sono coloro che la ignorano in toto, e ormai credo siano veramente ben pochi..
ben poco da agiugere…comunque nulla cambia…moda resta bollata…ne arte ne design… nonostante tutto…i fenomeni di costume poi…sempre e unicamente rispettabili in quanto tali……la scelta è costante da parte di ciunque…basterebbe ammetterlo…insomma tanti piccoli commenti…coacofonico nell’intento…ma con le idee chiare…adoro Stefania…e Stefano pure di più
Grazie, mi è piaciuto molto leggere le risposte di Stefania, sono curiosa di sapere con chi continuerà il flusso di parole…
nel weekend mi metto a leggere con calma..stamattina sono troppo rinco..sorry
Bello, bello…molti spunti interessanti…grazie Ste
Innanzitutto grazie Stefano e Stefania. Amo il modo in cui sono state poste le domande e il modo in cui le rispose ne hanno generate altre, anche in un addetto ai lavori. L’estetica è del resto una questione filosofica e oggi (in senso lato) la moda ne fa parte, perché è strumento universale di espressione di un concetto personale di bellezza. Cultura in senso ampio, critica sul mondo esterno e autocritica, coraggio di esprimere ed interpretare la propria personalità e presentarla al mondo, rielaborazione delle informazioni.(.e tante altre cose): credo che aprirebbero la mente a tutti favorendone un’interpretazione ampia e a tutto tondo del nostro tempo. Davvero interessante la discussione comunque, please give us more!
Molto interessante la intervista/conversazione.certo è un argomento ampio e visto che ha basi estetico filosofiche artistiche sociali tali,è una disciplina che pochi magari riescono a cogliere, capire e snobbano.Curiosa di leggere il seguito