Scoprire la moda che è opera di Damir Doma e l’universo creativo che l’avvolge regala quella sensazione di compiere un passo oltre l’ingresso di un mondo che spunta dall’ingegno di Lewis Carroll, ovvero quella Wonderland che nelle parole di Alice appariva così: “Se io avessi un mondo come piace a me, là tutto sarebbe assurdo: niente sarebbe com’è, perché tutto sarebbe come non è, e viceversa!”.
Nel fashion world abitato dalle creazioni di Damir Doma, infatti, nulla è come appare nelle visioni patinate cui siamo avvezzi: qui tutto è pacatezza, purezza e riduzione, l’ispirazione si allaccia all’arte più concettuale svincolando la varietà stilosa che affolla le strade, l’apparenza dei capi racconta di un sentimento minimalista e intanto la sostanza è fatta di materia lavorata con passione e iniziativa.
Il mondo di Damir Doma accoglie varie culture e città, quelle che lui ha vissuto e che si mescolano spontanee nel suo creare: la Croazia in cui è nato, la Germania in cui è cresciuto, Anversa l’avanguardista per la formazione, poi l’ambita e celebrata Parigi che, come gesto da vero outsider silente e perciò raffinato, ha appena lasciato per preferire Milano, che a sua volta ha ospitato la collezione p/e 2016: Prima Aria.
Un titolo che già racchiude le suggestioni che compongono la collezione: il purismo artigianale del gesto sartoriale che costruisce con saggezza gli abiti, e che con altrettanta consapevolezza li lascia incompiuti per regalare confort sia al corpo che li indossa che alla mente, libera di interpretarli a suo piacere.
Femminile che rievoca il maschile e viceversa, toni di ampio candore affiancati da quelli più densi e scuri, incontri e incastri di materiali: sembrano contrasti e invece sono armonie di scambi, sfumature di colori e generi, scivolamenti discreti da un mondo all’altro. Gli abiti sembrano quasi poggiarsi sulla figura, sospesi su nastri sottili, aerei, la tuta è una colonna graffiata di trasparenze, le camicie rinunciano alle maniche e le bluse ai bottoni, preferendo invece i nodi.
Intrecci di lembi e lacci, le gonne hanno gli orli sfrangiati, i maglioni evocano una fragilità antica e intanto ai piedi compaiono le esclusive Nike “Payaa”.
“Lasciare una cosa incompleta la rende interessante e dà la sensazione che ci sia spazio per la sua crescita” recita la citazione, appartenuta ad un antico monaco buddista, che dà il via all’ispirazione per la collezione: la sofisticatezza a volte è questione di saper maneggiare e indossare l’arte dell’imperfezione, e Damir Doma la padroneggia di certo con talento.
Damir Doma s/s 2016: the enchanting elegance of the unfinished
The discovery of Damir Doma’s fashion and the creative universe wrapping it around offers that sensation of taking a step beyond the entrance of a world rising from Lewis Carroll’s mind, that Wonderland portrayed by Alice’s words like this: “If I had a world of my own, everything would be nonsense. Nothing would be like it is, because everything would be like it isn’t, and contrary wise! “.
Within the fashion world inhabited by Damir Doma’s creations, indeed, nothing is like it usually appears within the glittering visions we’re accustomed to: here everything is quietness, purity and reduction, inspiration is enlaced with the most conceptual art evading the stylish variety that crowd into the streets, the appearance of the clothes tells about a minimalist feeling and in the meantime the substance is made of materials worked by passion and initiative. Damir Doma’s world welcomes different cultures and cities, the ones he lived in and that blend spontaneously while he creates: Croatia where he was born, Germany where he grew up, the avant-garde of Antwerp for the education, then the much sought-after and celebrated Paris that, as a gesture belonging to a real silent outsider therefore refined, he has just left preferring Milan, that in its turn hosted his s/s 2016 collection: Prima Aria.
The title already has in its inside the suggestions composing the collection: the artisanal purism of the tailoring gesture that builds wisely the clothes, and that with the same wisdom leaves them unfinished to give comfort both to the body wearing them and to the mind, free of interpreting them as it likes.
Female recalling male and vice versa, fully light tones next to those darker and more dense, encounters and joints of materials: they seem like contrasts but they are harmonious exchanges, shades of colors and genders, delicate slippages from one world to the other one. The clothes seem quite leaning on the body, hanging on subtle strips, airborne, the jumpsuit is a column scratched by transparencies, the shirts renounce the sleeves and the blouses renounce the bottoms, preferring knots.
Weaves of edges and laces, the skirts have rough hems, the sweaters recall an antique fragility and meanwhile on the foot the exclusive Nike “Payaa” appear.
“Leaving something incomplete makes it interesting and gives the feeling that there is room for growth” declaims a citation belonging to an ancient Buddhist monk, that fires up the inspiration for the collections: sometimes sophistication is a matter of being able to handle and wear the art of imperfection, and Damir Doma definitively masters it with great talent.