L’Accademia di Armando

E ora incontriamo i due vincitori.

Perché avete deciso di partecipare al concorso organizzato da Armando Terribili’s Fashion Academy Free? E quali le emozioni nel vincere in mezzo ad un gruppo nutrito di partecipanti?
Giuseppe D’Urso: Ho partecipato a questo concorso perché per me è fondamentale confrontarmi con altri stilisti e con il pubblico. Ritengo che la mia professione sia un misto di creatività e tecnica e abbia continuamente bisogno di verifiche del prodotto. Non esiste quindi solo la sfilata come momento d’incontro, ma sono importanti anche momenti come quelli rappresentati da un concorso. Proprio il numero elevato dei partecipanti è stato stimolante. Vincere quindi è stata una sorpresa e una soddisfazione, perché mi ha confermato la validità del mio prodotto.
Daniel Soliani: Ho deciso di partecipare perché mi piacciono le sfide e i confronti con altri artisti.

So che avete percorsi molti diversi. Quando avete iniziato ad interessarvi alla moda e quando questa è diventata ‘qualcosa di più’? Quali i tratti distintivi del vostro stile?
G.:
Fin da piccolo sono stato attratto dal bello. Mi ha senz’altro aiutato il fatto che mia madre fosse una sarta. Quasi inevitabile che nell’affrontare un percorso scolastico scegliessi la moda. Quindi il liceo artistico e poi una scuola specifica. Credo che il mio stile sia tanto personale, quanto senza tempo, che le mie creazioni vadano oltre le tendenze e siano soprattutto centrate sulla persona, inserita in un contesto e non solo in un’epoca. 
D.: Ho iniziato a interessarmi alla moda intorno ai 9 anni, facendo i primi disegni a scuola e da allora la passione è cresciuta. Dal 2004 è diventata qualcosa di più di un semplice amore, ho cominciato le prime internship e lavoretti, fino ad ora che sono intern da Catherine Malandrino a New York. Il mio stile e’ sexy, dark, disegno una donna un po’  metallara, ma con classe.

Aspettative e sogni per il futuro?
G.:
Quelli di avere sempre la possibilità di esprimermi e di avere delle persone che apprezzino il mio lavoro.
D.: La mia più grande aspettativa è quella di essere assunto da qualche ‘maison’ qui a New York.

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