Ho conosciuto Nicola Indelicato per la prima volta grazie alle parole e al racconto di un amico comune che con lui aveva lavorato. Mi son messo a guardare alcuni scatti, risultato del loro lavoro, uno come designer, l’altro chiamato a dare un contributo da stylist alla collezione. E mi sono innamorato. Mi son piaciute le linee, gli accostamenti, i materiali, ma anche l’animo stesso della collezione, molto internazionale, in linea con uno spirito indipendente che mi fa pensare a testate come Dazed e i.D. Poi il caso ha voluto che Nicola fosse ospite al White ed io passassi dal suo stand. Potevo non perdere la testa per la stola con scritto Spoiled?
Ma al di là di questa ovvietà, la collezione flirta con un trend di cui si parla molto al momento, il no-gender, e spesso molti dei capi possono essere declinati sia al maschile, sia al femminile, ma io dietro alle plissettature associate alla pelle ci vedo rimandi storici e culturali, dietro al bermuda over lo studio preciso di un certo street style…insomma, per farla breve, la linea di Nicola Indelicato lavora su vari piani di lettura e non tutti visibili ad un primo sguardo.
Io ne sono affascinato, come mi affascina la storia di questo designer siciliano cresciuto a Firenze in una famiglia multietnica, dove la zia era sposata ad un uomo greco, un altro zio ad una donna turca, e in un attimo questa poliedricità di stimoli in cui il designer dichiara di essere cresciuto, mi spiegano il dna di una collezione che può avere tanti rimandi.
Ho deciso così di contattare Nicola e di fargli qualche domanda, trovate qui il nostro scambio di battute e le foto della sua bella collezione.
Come ti sei avvicinato alla moda? Come hai iniziato e quando hai deciso di dedicarti ad un brand a tuo nome?
Da piccolo andavamo sempre in vacanza in Sicilia, dove abitavano i miei nonni e li invece di andare al mare chiedevo sempre a mia madre di accompagnarmi da sua cugina che aveva un atelier di Alta Moda, avevo all’incirca 7 anni e già subivo il fascino delle mani che tagliavano i tessuti e li ricamavano.
Nel 2013 sono andato ad Istanbul per una consulenza e alla fine mi sono fermato per più di due anni e nel 2014 ho deciso di lanciare il mio brand, non si è mai pronti, ma pensavo che fosse arrivato per me il momento di tradurre il mio “mondo”, dopo le varie esperienze maturate per altri brand.
Quali sono i tuoi riferimenti estetici? Quali i tuoi mondi ispirativi? E come sono cambiati nel tempo?
Nella mia prima collezione a/i 15-16 ovviamente, essendo ad Istanbul, ho attinto molto dalla tradizione turca, ho conosciuto un sarto da uomo che realizza gli abiti tradizionali turchi e per un mese, ogni sabato, mi sono recato da lui, non parlavo bene turco, ma attraverso i gesti e i cartamodelli mi sono fatto spiegare le tecniche di confezione, lo “salvar”, pantalone da uomo turco è diventato una gonna pantalone da donna.
Sono molto attratto dal costume etnico, dalla storia del costume, ma anche dalle tematiche più contemporanee. Ad esempio per la collezione “SPOILED”, che vedete in queste foto, mi sono ispirato all’immaginario di Sofia Coppola in “The Bling Ring”, storia di teenagers a Los Angeles che s’intrufolano nelle case delle celebrità per rubare abiti, gioielli e pellicce.
Uso sempre il mio “immaginario” per creare una nuova collezione.
Ci racconti la collezione che hai presentato al White?
Al White ho presentato la collezione maschile per la stagione s/s 2016. Ad ispirarmi una vecchia foto dei primi del Novecento dei barbieri turchi che attrezzavano per strada dei saloni di bellezza per soli uomini e un immagine più recente di un campo profughi siriano al confine tra Siria e Turchia dove tra le tende due uomini e un bambino si attrezzano con mezzi di fortuna per rasarsi i capelli.
Sono quelle forme che hanno costruito i volumi della collezione, il grosso quadrato indossato per proteggersi dai capelli tagliati nell’immagine di referenza diventa la base per ridisegnare i rain-coat e le maxi camicie in popeline bianco.
La valorizzazione delle immagini trovate in rete, “collezionate” in una sorta di diario virtuale, divenute virali si ritrovano ricamate sulle felpe in pelle e sulle maxi T-shirt in jersey doppio.
A chi pensi quando crei? Chi si veste con i tuoi capi?
Non penso a nessuno in particolar modo, penso solo ad esprimere il mio concetto creativo.
La mia collezione è indirizzata ad un pubblico sicuramente giovane.
La tua personale idea di bellezza?
Sono sempre stato attratto da “another beauty”, la bellezza per me non sta nella perfezione ma nell’imperfezione, nella disarmonia che diventa armoniosa attraverso le proporzioni dei capi indossati.
L’eleganza invece che cosa è?
L’eleganza sta nei gesti non nei capi d’abbigliamento…
Ha ancora senso la parola lusso per te?
Il lusso è uno stile di vita che, finché ci saranno i soldi, esisterà. Penso però che con il tempo il concetto di lusso stia cambiando. Cambiano le esigenze e cambiano i desideri e molti oggetti di lusso oggi non rappresentano più uno “status symbol”.
Cosa si potrebbe fare in più per i giovani designer, a tuo avviso? Quanto sono importanti fiere come il White e concorsi come “Who’s on next?”?
Penso che ancora non si sia raggiunto un buon livello per la promozione dei giovani designer, è ancora molto complicato riuscire ad emergere.erto i concorsi e le fiere sono molto importanti perchè danno sicuramente un po di visibilità in più.
Quanto è importante il web e quanto i social per il tuo lavoro?
Il web e i social sono importantissimi per il mio lavoro. All’inizio, senza grossi budget, ti permettono di avere una grossa visibilità. Ho avuto moltissimi contatti per interviste, editoriali e pubblicazione grazie ai social e al mio sito web.
Chi ti piacerebbe vestire?
Boh non so, ti confesso che non ci ho mai pensato!
Sogni e progetti per il futuro?
Lavorerò molto per creare sempre di più un forte “DNA” al mio brand. Sogni ne ho tanti, spero si realizzino presto!
Per saperne di più vi rimando al sito di Nicola: www.nicolaindelicato.com