La sua parola chiave è: “indefinibile”.
Il suo nome è Quoï Alexander: e non è solo un fashion designer, non è solo un creativo multidisciplinare, non è solo un giovane talento che ha nel curriculum anche la blasonata scuola londinese forgia-talenti Central Saint Martins, non è solo uno stilista esordiente che ha plasmato la sua abilità presso alcune tra le maison di moda che nel dna dei propri fondatori avevano l’aspirazione a far la differenza, ovvero Alexander McQueen, Sonia Rykiel eChanel.
Visto? Si potrebbe proseguire pressoché all’infinito!
Ma è di certo più intrigante cercar di conoscere quel che questo talento, che sta accalappiando il gusto e il plauso del fashion world sin da quando le sue primissime creazioni hanno solcato il palco del saggio finale alla Central Saint Martins, è.
Ebbene, una cosa è certa: Quoï Alexander è un esploratore.
Nel senso più vasto, curioso, brillante e sorprendente del termine: per la giovane età, naturalmente, ma anche per la sconfinatezza della sua impresa concettuale e manuale allacciata alla moda.
Quoï Alexander, infatti, è un esploratore delle alternative alle realtà di moda e stile già conosciute, spesso racchiuse in regole che gli vanno fin troppo strette, alle quali preferisce sfuggire con consapevolezza e curiosità. Una fra tutte: nel suo lavoro niente è cucito.
Uh sì, avete capito benissimo: niente cuciture, né a macchina, né a mano. Perché? Provate a pensarci: non è affascinante scoprire il modo in cui gli abiti si sarebbero sviluppati se la civiltà non avesse mai adottato la prassi della cucitura? E, di conseguenza: come sarebbe stata l’apparenza di ogni capo d’abbigliamento e la nostra con questi indosso?
Insomma, il principio suona un po’ come: tornare indietro nel tempo per compiere nuovi passi avanti. Surreale? Per niente affatto!
La collezione a/i 2018-19 ne è la dimostrazione: una nuova spinta all’innovazione verso cui la ricerca condotta da Quoï Alexander fa rotta, come fosse davvero un percorso di navigazione dai confini ancora da conoscere. E come equipaggiamento: la mente sempre aperta e le mani sempre operose, pronte ad eseguire lavori d’intreccio e d’incastro, di nodi e lacci, di composizioni di materiali eterogenei e di esecuzione di metodi inaspettati, come quella volta che ha usato una pistola che spara pezzetti di plastica dentro il tessuto per unirlo ad un altro.
Frammenti di visioni estetiche: di come sarebbe il linguaggio della moda se la mitologia dell’abito perfettamente cucito scomparisse, se quel gesto fosse ignorato e si andasse alla ricerca di nuovi codici, nuovi linguaggi, ancora con un significato da definire.
Frammenti: per questo in collezione appaiono pantaloni ad una sola gamba o giacche dimezzate, fascette che rendono vivo il profilo dei capispalla, stringhe che connettono ogni pezzo a vista.
Pay attention, please, non consideratelo un mero esercizio di stile.
Quello di Quoï Alexander è invero un gesto di ambiguità generosa: così che chi osserva gli abiti o li indossa possa scegliere liberamente cosa vederci dentro, quale ispirazione immaginarci all’origine, quanta personalità propria metterci dentro.
E non fa nulla se si è maschio o femmina: il gender non è contemplato in tanta meditazione condotta tra mente, mani e cuore d’artista.