La quiete è il preludio della collezione, una promessa di calma intrisa già nell’atmosfera disegnata dal nome, sì il nome, di quello che a definirlo solo un brand sarebbe un errore imperdonabile di riduzione del suo valore: Sartorial Monk, piuttosto, è un mondo che a sua volta dischiude nuovi mondi, come in un sistema perfetto di scatole cinesi.
Incontri di universi estetici e sartoriali che creano innesti esatti, tanto nelle intenzioni quanto nella realizzazione delle creazioni.
Intenzioni e creazioni che nascono da Sabàto Russo, che di Sartorial Monk è l’anima vera, creativa e a suo modo spirituale: nascono dal suo percorso di una vita lungo la quale ha attraversato terre e culture vicine e lontane, ha vissuto esperienze che dalla pelle han depositato la loro ricchezza nell’intelletto sempre aperto e affamato di sapere, e nelle mani sempre pronte a tradurre una suggestione in forma di abiti.
Oriente e occidente: le creazioni Sartorial Monk raccontano la ricerca instancabile rivolta alla quintessenza della semplicità, un’aspirazione che diventa quasi una preghiera, ed ha origine nella cultura nipponica da Sabàto tanto amata e vissuta, appaiata alla tradizione artigianale del saper fare sartoriale radicata nella sua identità italiana.
La quiete è il preludio della collezione, si diceva: la s/s 2019 nasce da una fonte d’ispirazione che, com’è uso inconfondibile di Sartorial Monk, è serbata nelle pieghe più squisitamente profonde della cultura, lontana dalla superficie delle tendenze massificate e frenetiche.
L’ispirazione è per l’appunto una sola parola, che diventa filosofia di vita, e si allaccia all’esperienza di un personaggio a suo modo stra-ordinario, ovvero che ha lasciato l’ordinario per dedicarsi all’esplorazione di ciò che vi è al di là.
La parola in questione, nonché titolo della collezione, è “kokoro”: significa “lo sguardo che coglie il cuore delle cose”, è incastonata nel vocabolario della lingua giapponese e nella sua filosofia di vita, la stessa che Lafcadio Hearn, giornalista che nella seconda metà dell’Ottocento, figlio di padre irlandese e madre greca e vissuto a lungo negli Stati Uniti del sud, ha seguito un istinto votato alla scoperta del nuovo e diverso e ha scelto il Giappone ancora sconosciuto ai più.
Un percorso esistenziale che si traduce anche in scritti copiosi: opere che restituiscono la fusione stessa di Lafcadio nella cultura nipponica, e dunque l’esaltazione di una dichiarazione di libertà di pensiero e d’azione che ha guidato, a suo modo, anche il percorso di Sabàto Russo e del suo Sartorial Monk.
La quiete è dunque la condizione interiore per cogliere i valori intessuti nella collezione s/s 2019: l’essenzialità delle forme spoglie da qualsiasi decorativismo, e per questo valorizzate in ogni singolo dettaglio che le costruisce come i tagli in sbieco, i colletti così ridotti che quasi scompaiono, i lacci che si raccolgono sul fianco, la stratificazione leggera dei capi; la semplicità delle linee che accarezzano il corpo e accolgono l’aria intorno che ne gonfia i volumi dolci e inaspettati, dei colori naturali e dei materiali come lino, seta, la lana sottile, il dévoré e la maglieria in viscosa; la fluidità dei tessuti sì, ma anche dei generi che spesso superano il distinguo tra maschile e femminile così che la blusa soffice, la veste lunga e lieve, la giacca appena sciancrata appaiata col pantalone dritto e arioso possano vestire qualsiasi corpo li scelga.
La quiete certo, ma poi arriva anche la forza: di quelle rare stampe vivaci e fiorite, della pennellata di blu intenso dell’abito lungo, della pelle nuda che gode la bellezza dei tessuti e delle forme che si disegnano su di essa, e dei piedi rigorosamente scalzi per percorrere la propria strada nell’armonia assoluta.