Ho già parlato di Sergio Daricello e ogni volta che vedo i suoi abiti mi viene voglia di scrivere ancora di quanto penso abbia talento, di quanto non vedo l’ora di vederlo sfilare sulle passerelle, di quanto desideri trovare i suoi abiti nei department store di culto in giro per il mondo. Sergio è un amico, ma è anche un designer che sa tradurre l’amore per la storia, per il bello, per l’arte, in abiti che sono poesia. Ho ricevuto le foto della sua collezione f/w 2014-15 e subito avrei voluto alcuni dei suoi capi su un set, avrei desiderato trovarmi in un palazzo parigino con una lunga scalinata e immaginare una figura vestita con questi vestiti che fugge di casa di notte spinta dalla passione, trasformare le sensazioni che mi davano quegli abiti in un racconto. C’è intimità nelle proposte del designer siciliano, c’è la capacità di trasformare in un guardaroba femminile, input personali che nascono da una forte sensibilità, da una capacità di vivere intensamente ogni attimo, anche il semplice osservare un quadro, un’opera architettonica.
Sergio ha alle spalle collaborazioni importanti, Dolce&Gabbana, Versace, la creative direction di un marchio, Giuliano Fujiwara, consulenze attuali per altre realtà legate alla moda, ma soprattutto disegna una linea a suo nome. Sulla quale lui sta scommettendo e noi con lui, perché la visione di questo stilista è affascinante, romantica e grintosa al tempo stesso, ha la freschezza dell’attualità e la forza dei riferimenti al passato, che la rendono avvolgente e sinuosa, qualcosa in cui è terribilmente bello perdersi!
Non ho resistito e ho chiamato lo stilista per saperne di più, fargli qualche domanda e condividere la mia passione per le sue creazioni con voi. Enjoy!
Come è nata la nuova collezione?
La mia collezione nasce da un viaggio fatto nella mia terra, a Palermo, da una visita un po’ trasognata in un palazzo, dimora reale borbonica, che mi ha sempre affascinato sin da quando ero bambino, la Palazzina Cinese, che poi ho scoperto avere dei legami molto stretti con una mia passione storica di sempre. Il palazzo era una delle dimore preferite di Maria Carolina d’Asburgo, moglie del Re Ferdinando e sorella di Maria Antonietta.
Questa è la chiave di lettura da cui è partito tutto ed è un qualcosa su cui ancora sto lavorando perché vi trovo spunti creativi che non smettono mai di sorprendermi, il costume, l’arte, l’architettura di quel periodo (fine ‘700, primi ‘800) risultano essere interessantissimi ai miei occhi.
Da quali input ispirativi nasce?
Per quanto concerne le forme e i volumi, la mia passione è sempre stata la couture italiana e francese degli anni ‘50 e ‘60 e ho voluto continuare verso quella realtà a me congeniale, cercando di mescolare ad essa influenze chiaramente più contemporanee. Per essere sempre legato a quel mondo di cui parlavo ho preferito l’uso di sete, duchesse, rasi, organze per le trasparenze e le sovrapposizioni, mescolandole a tessuti tecnici, jacquard tonali e panno bouclé con spalmatura double face.
Un elemento che caratterizza le mie collezioni sono le stampe e come raccontavo prima ho preso a piene mani da alcune stanze della Palazzina Cinese, puntando la mia scelta verso delle opere pittoriche neoclassiche creando una stampa all-over ad effetto “decoupage” e poi le stampe utilizzate per T-shirt e top rigorosamente in seta.
Ho usato come elemento anche un dettaglio decorativo di un tavolo neoclassico appartenuto a Maria Carolina, una sfinge in bronzo dorato che ha catturato subito la mia attenzione.
Stai portando avanti un’esperienza lavorativa estera, in che modo influenza la tua linea?
Vivo per 15 giorni al mese in Turchia, nazione che amo con tutto il cuore, e dove seguo un brand locale, è vero questo, ma non credo che lo stile del paese influenzi più di tanto il mio modus operandi; è chiaro però che qui ritrovo tantissimi elementi che mi riportano a Palermo, e stranamente non mi sento tanto lontano da casa. Saranno le radici mediorientali che vengono allo scoperto?
Sicuramente però faccio uno sforzo per non abbandonarmi al massimalismo, inteso come uso smodato di gioielli ed accessori; ho un concetto mio di collezione che non vorrei si distaccasse troppo dal pensiero originale, e poi per questioni assolutamente personali, preferisco trovare ispirazione e influenze da ciò che nasce ed è nato nel mio paese, che resta l’Italia.
In cosa la linea è figlia delle esperienze precedenti e in cosa è totalmente nuova?
Bella domanda, è il mio tormento e la mia passione ogni volta che inizio a disegnare e progettare. Chiaramente la Sicilia è presente, e credo che fortemente influenzerà il mio lavoro, ma non nella sua tradizione, amavo questo quando lavoravo in Dolce&Gabbana, ma a me piace mettere riferimenti alla mia terra solo nelle citazioni artistiche, pittoriche e architettoniche, e cioè in quelle cose che amo di più.
L’abitudine all’uso delle stampe in collezione nasce chiaramente dalla passata esperienza in Versace, ma i soggetti di cui parlavo sopra sono differenti. Direi che l’uso dell’oro è qualcosa che è rimasto nel mio cuore e temo non passerà mai. Per concludere, invece dall’esperienza “orientale” Fujiwara, ho recuperato l’essenzialità di alcune linee, ma non credo di essere minimal, e a questa essenzialità spero di aver donato la ricchezza di certe sinuosità che non vorrei abbandonare.
Che tipo di donna è quella di Sergio Daricello?
Spero sia una donna elegante che non abbia perso il piacere per la qualità e il dettaglio, sicura di sé, ma assolutamente sempre femminile.
Cosa ti auguri per il futuro?
Innanzitutto mi auguro di poter continuare a costruire questo mio sogno, su cui ho messo tutto l’amore di cui sono capace. Poi…che la crisi passi, che aumentino le possibilità di farsi avanti per i giovani, che lo Stato Italiano si renda conto che la moda è un’eccellenza, e che i grandi della moda facciano ancora di più da “padrini” per i nuovi arrivati.
Credo sia un augurio per tutti i giovani designer, non solo per me.
GREAT!!!!!!
Una bellissima collezione!!! Vai Sergio!!!