Come spesso accade nella vita, puoi aver sentito parlare un sacco di volte di una persona, ma poi solo un incontro preciso, un evento particolare te la può far mettere a fuoco, portarla finalmente e chiaramente davanti ai tuoi occhi. Mi è capitato così con Christian Correnti. Lo conoscevo già di nome, sapevo che creava papillon, ma non avevo mai avuto occasione di incontrarlo o la possibilità di interessarmi veramente al suo lavoro.
Poi ho partecipato al press day di un designer che stimo molto, del quale uso spessissimo i vestiti nei miei editoriali, sto parlando di Angelo Cruciani, e quel giorno, grazie ad una collaborazione che li ha visti lavorare insieme, erano in mostra anche le creazioni di Christian, oltre ad essere presente lui in persona. Ricordo che abbiamo subito riso molto e di aver pensato che quello che mi stava mostrando era preziosissimo, non tanto, o non solo, per i materiali, ma per le ore di lavoro e la sapiente manualità che quegli oggetti richiedevano. Ho poi chiacchierato con il designer sui social network, e ho maturato, dopo quell’inizio positivo, la voglia di saperne di più, di capire perché un giovane creativo focalizzi il suo estro su un accessorio preciso e come questi piccoli tesori, i bowtie di Christian sono quasi pezzi unici, riescano a prender forma. L’ho intervistato e questa è la nostra chiacchierata.
Come sei arrivato alla moda?
Non sono mai arrivato alla moda e in effetti non credo di fare qualcosa che possa essere definito moda. Amo il bello. Il bello per me non ha tempo, tranne per ciò che la società vorrebbe imporci come assolutamente osceno o mirabilmente bello. Quindi la moda è per me un concetto piuttosto vago. Detto questo ho sempre avuto il pallino di modificare abiti e accessori. Il risultato veniva giudicato, da chi mi stava intorno, bello. Ma questa non è moda, forse stile, creatività.
Lavoravo in una boutique a Firenze. I miei colleghi erano bellissimi e “alla moda”. Io piuttosto dimesso e con un portafogli terribilmente inadatto. Al mattino dovevo fare miracoli. Così ho iniziato, seguendo gli insegnamenti di mia nonna che aiutavo a cucire i costumi per la compagnia teatrale in cui recitavo, a tagliare, riassemblare e modificare. Il papillon serviva a distrarre dagli errori che correvano lungo le cuciture. Col tempo è diventato la mia caratteristica.
Perché il papillon? Cosa ti ha colpito di questo accessorio?
Il papillon sta al collo in genere, dico così perché ho clienti che lo mettono anche altrove, testa o vita, ad esempio, distrae dallo sguardo o lo esalta. Su un uomo può fare la differenza, anzi per me la fa. È un oggetto piccolo che ha il potere di cambiare un look. Più di quanto non facciano una borsa o delle scarpe, forse proprio in ragione della sua posizione. In commercio esistono bellissimi papillon, ma piuttosto seriali. Bellissimi, senza dubbio di vero design, ma io prediligo l’unicità alla riconoscibilità.
ll papillon esiste da secoli, ma ha sempre sofferto di staticità. Diciamo che io ho voluto rinfrescarlo. Del papillon amo la forza di cambiare lo stile di una persona. Questa forza lo rende ai miei occhi potente. Tutto qui. È una sfida per un uomo. Puoi indossare sempre il tuo completo ed essere ogni giorno diverso.
I tuoi papillon non sono esattamente ‘classici’, giusto? Perché hai deciso che avresti sconvolto questo accessorio e come lo stai modificando?
Il mio papillon non è assolutamente classico, se non nella definizione che si dà al papillon. Io lo definisco più un gioiello e la definizione di questo non sta nel costo, ma nell’unicità o estrema particolarità. Il farfallino classico non cambia alcun look e quindi ha poco di interessante dal mio punto di vista. Tinta unita, piccola fantasia o immancabili pois.
Fare un fiocco non ha nulla di mirabile. Fare di un fiocco qualcosa di altro è apprezzabile. Sconvolgere un papillon significava rendere questo accessorio più interessante e dare l’opportunità anche all’uomo più classico di indossare qualcosa che è sulle righe, pur stando fuori dalla pagina.
Un giorno vorrei coniare un altro nome per gli oggetti che fabbrico e che si portano al collo. In questo modo voglio sconvolgere il papillon, lasciando a quest’accessorio soltanto il suo posto. Qualcosa che si porta al collo.
Da dove arrivano le ispirazioni? Quali le icone di riferimento?
Le ispirazioni mi giungono sempre dai materiali. Io sono un soggetto tattile. Adoro toccare ogni materiale, spesso ad occhi chiusi, come per farmi suggerire cosa vorrebbe diventare. Adoro mischiare gli elementi e se mi chiedi cosa sono, forse assomiglio di più ad un piccolo chimico che ad un designer.
Se posso dare alla tua domanda un’accezione più ampia finirei a parlare di letteratura. Di tutti quei grandi che hanno preso la lingua italiana e l’hanno stravolta. Penso ad Imbriani o a Gadda che seppero miscelare livelli linguistici e lessici diversi per creare qualcosa che prima non c’era o si pensava non dovesse esserci.
Nella moda? Vivienne Westwood rappresenta la storia fantastica che volevo mi si leggesse da piccolo. È la fantasia. La capacità di dare al passato la curiosità e la luce che ci si aspetta dal futuro. Non mi ispiro a lei, ma non c’è nulla in ciò che fa che non sia per me un’ispirazione.
Ci parli della collaborazione con Angelo Cruciani?
Angelo Cruciani è un grande artista, un caro amico, per me un maestro, non solo di stile, ma, in accezione orientale, un esempio. Il giorno che ci conoscemmo mi parlò delle mie cose. Rimasi piuttosto stupito. Io conoscevo lui ed era logico, ma che lui conoscesse le mie creazioni era piuttosto insolito. Angelo è un osservatore,uno che non smette di guardare, di ispirarsi, di conoscere. Ha carpito il mio mood, l’idea che io ho della materia e una giorno abbiamo iniziato a cogitare.
Non so come si sia giunti alla carta e a concepire i vari appuntamenti dell’anno in cui usciranno i nostri papillon, ma posso dire che con lui è estremamente naturale. I nostri papillon non hanno nulla da invidiare ai miei più elaborati e costosi, né alle sue collezioni piene di luce. Nascono con l’idea di costare poco, di essere alla portata di tutti.
Ma se posso farmi un complimento… nelle mie mani la carta sì è snaturata ed è diventata forte, appare come pelle e dura quanto il legno. Siamo felici di questo risultato e la cosa più importante è che lavoriamo divertendoci.
Cosa è l’eleganza per te?
L’eleganza è tutto ciò che resta quando ti sei spogliato. L’eleganza è come la cultura. Non è indossare un bel pezzo, come non è ricordarsi una poesia, è sapersi muovere con poesia, saper mettere in rima una camicia anonima con un pantalone demodé. Un bel capo può aiutare ad apparire, mai ad essere elegante.
L’eleganza, grazie a Dio, non è in vendita e rientra tra quelle poche cose che non possono esserci tolte.
Cosa ti piace di questo lavoro e cosa invece no?
Adoro starmene a lavorare. Adoro quando la mattina mi sveglio con un’idea e a sera l’ho realizzata. Mi piace conoscere persone che come me hanno una passione e non una missione. Chiunque è ispirato mi ispira e mi stimola. Mi piace frugare tra le vecchie cose, tra stoffe che altri non guardano e concepire altro con un materiale che sembrava destinato ad una sola cosa da sempre.
Odio quando incontro chi sa tutto, chi ti elenca i dettagli, chi vuol vedere nelle cose che creo qualcosa che non c’è. Sono uno piuttosto semplice faccio fiocchi. Mi diverto quasi ogni momento.
Cosa hai imparato in questi anni, in questo percorso nel mondo della creatività di moda?
Ho imparato a fidarmi di me stesso. Quello che faccio è la catarsi migliore che potevo regalare a me stesso e il risultato ha un discreto successo. Non che non mi piaccia. Mentirei.
Ma è bello che qualcosa che faccio naturalmente e senza troppe angosce piaccia proprio per quello che è.
Progetti e sogni per il futuro?
I progetti cambiano spesso in corso d’opera e questo è l’aspetto che più mi affascina. Parlo da ignorante. Io ad esempio non disegno, neppure quando mi cimento a fare qualche capo d’abbigliamento… necessariamente quindi tutto può cambiare mentre viene creato. Il progetto è solo il punto di partenza di un viaggio che condurrà sempre altrove.
Il mio sogno è continuare a fare tutto questo con lo stesso entusiasmo, anche perché se dovesse venir meno questo cambierei di nuovo mestiere.
“Amo il bello. Il bello per me non ha tempo”
Siamo in sintonia. Bellissima intervista!
Francesca
http://www.sterlizie.com