Me & Dido Fontana

Ammetto che prima di innamorarmi della collezione Unravel 19022010 non conoscevo il lavoro di Dido Fontana, poi vedendo gli scatti realizzati per quel brand sono rimasto molto colpito dall’ironia e dallo spirito poco convenzionale con cui il fotografo aveva affrontato l’advertising promozionale di un marchio, a mio avviso dandogli una impronta personale ed incisiva. Abbiamo iniziato a chiacchierare su Facebook e ne è scaturito un dialogo interessante, ricco di citazioni alla storia della fotografia, in cui è sicuramente risaltata la forte personalità del fotografo, simpatico e irriverente. Ne è nata una intervista più ‘formale’, anche se è difficile rimanere distaccati con un personaggio così coinvolgente.
 
Eccovi Dido Fontana!

 
Dido posso chiederti come hai iniziato? Perché sei diventato fotografo?
Guardando un sacco di cose. Procedo per immagini, usando le fotocamere di mio padre, fotografo da accademia. Da piccolo passavo ore in camera oscura, all’epoca era una vera scocciatura, ma qualcosa è rimasto. La realtà è che faccio foto perché è una delle cose che mi piace di più.
Ripercorriamo la tua carriera. Quali momenti ritieni siano stati i più significativi del tuo percorso?
Non so i momenti, è tutto un fare e crescere. Se poi te ne devo citare uno, ti posso dire l’uscita del mio primo libro ‘Didocentrico’ (che potete acquistare qui e vi arriva in pochi giorni dagli USA: http://www.blurb.com/bookstore/detail/1140189), è il risultato di due anni di lavoro in giro per il mondo, dagli States al Libano, passando per Madagascar, Italia, Svizzera e altri stati. Un lavoro intenso, ma del quale sono molto contento.
Parliamo del tuo stile, come lo definisci? C’è chi sottolinea un certo legame con il mondo di Terry Richardson, io stesso in privato ti ho chiesto se in qualche modo ci fosse una connessione diretta con lui. Ti infastidisce che venga fatto questo paragone e in cosa pensi di essere differente da lui?
No, non mi infastidisce. Terry Richardson è uno dei fotografi più famosi del momento, quindi è normale il paragone. Le basi e le immagini sono a mio avviso così diverse però! Forse accomuna il colore e la luce, tutto spesso molto brillante, ma non c’è altro. L’unico Richardson di talento era il vecchio Bob. Ho l’impressione che la personalità particolarmente scherzosa di Terry si rifletta sempre su chi sta fotografando risultandone troppo burlonesco, non rientra nel mio gusto. Io son più polveroso, vengo da vecchie case piene di oggetti antichi, sono più barocco. Se vuoi dei nomi, ai quali non faccio riferimento, ma di fotografi e personaggi che mi piacciono ti cito Eggleston, Bourdin, Clark, Teller, Russ Mayer, Bukowski.
Guardando le tue foto ci sono alcune caratteristiche che mi incuriosiscono. Sicuramente c’è un certo legame con l’iconografia religiosa. Sbaglio? Cosa ti attrae del mondo religioso?
Sono cresciuto circondato da oggetti sacri, antichità recuperate negli anni dai miei genitori, appassionati. A sei anni sfogliavo i libri di Mapplethorpe, che fra l’altro non amo molto, quelli di Manara e alle pareti c’erano queste icone sacre. Ho mischiato sacro e profano come fosse la cosa più normale.
Il sarcasmo, o l’irriverenza, è un’altra caratteristica che a mio avviso si evince dal tuo lavoro. C’è un approccio voluto, pensato come dissacrazione di certe tematiche, ad esempio la moda vista non nella maniera sacrale con cui certi fotografi si approcciano ad essa, oppure è qualcosa di totalmente naturale?
Sono realista, fotografo ciò che vedo. Una foto è una foto, che sia di moda oppure esposta in galleria voglio che sia bella e che venda. Il marchio che mi chiama deve trarre giovamento dal lavoro fatto con me, più che con un altro fotografo e in galleria la mia foto deve essere appesa e venduta. Se in alcuni scatti risalta il sarcasmo è perché fa sicuramente parte del mio carattere, ma in altre foto ci sarà più un aspetto divertito, in altre ancora una certa profondità. Rispecchiano chi sono, con le mie sfaccettature.
Parlando di moda, io ti ho conosciuto come fotografo della linea Unravel e anche grazie ai tuoi scatti mi sono innamorato del brand. Che rapporto hai con la moda e con lo stile? Nel tuo sito parli di ‘anti-fashion’…
Anti-fashion l’ha coniato anni fa Felipe Ibanez Frocham, mente illuminata e designer, vedendo il mio lavoro. La moda mi piace molto. Mi piace che il mio cliente guadagni grazie al mio lavoro. Ma non seguo il mondo della moda per niente, zero moda, zero classe, tutto stile. Ecco con Unravel è un bel matrimonio che si basa sulla vicinanza dello stile, oltre che sulla possibilità di guadagnare insieme.
Spesso sei tu stesso protagonista dei tuoi scatti. Perché questo? Puro egocentrismo? La voglia di lasciare un segno che sia anche più tangibile, più ‘carnale’ del semplice lavoro? Un modo per esprimere con più passionalità un concetto?
In realtà non ne ho molti di ritratti miei, però se mi posso smutandare mi smutando. Il concetto se vuoi è quello dello smutandaggio passionale (lo dice scoppiando a ridere, ndr). Scherzi a parte, I miei ritratti son fatti veramente per caso, non sono così ragionati, tipo passo sotto i portici del mio paesello e ci vedo la sta scritta “Santo”, lancio la macchinetta all’amico lì per caso e il click è fatto. Forse ci sono gli aspetti che ci vedi tu, ma li lascio cogliere a voi, non li ho valutati così io in partenza.
C’è chi sostiene che un fotografo nelle proprie foto vuole esorcizzare i suoi mostri, le sue paure. Che cosa rivelano di te questi scatti?
Non sono proprio d’accordo con chi lo sostiene. Io dico che mi piacciono le donne, mi piacciono le persone. I colori. Le cose. E mi piacciono veramente tanto. Niente esorcismi, la mia ‘legione’, i miei mostri, me li tengo dentro e stretti, che mi sembra lavorino bene.
Nella tua bio ti definisci un animo barocco, e me lo hai detto anche prima, ma che ti piace fotografare la realtà senza accessori e orpelli inutili. Non è un po’ una contraddizione?
‘Rocochizzo’ con quello che c’è. Il barocco è polveroso, carico, eccessivo. Sono io. Ma non mi definisco, l’han fatto altri per me azzeccandoci.
Nel tuo sito c’è una sezione in cui chiedi a chi fosse interessato a farsi fotografare di scriverti. Che cosa cerchi in un soggetto da immortalare nelle tue foto? Chi ti incuriosisce di più?
Mi piacciono le facce e il modo in cui uno si propone. È sempre un onore ricevere richieste. È un po’ sentirsi dire: “Dido, fammi tu!”. E io ringrazio tantissimo per questa fiducia.
Mi dai la tua definizione di bellezza?
Quando tutto fila che è una bellezza, è una bellezza! In realtà mi piacciono le persone, molto. Mi colpisce la timidezza quanto la spavalderia. Amore per fifoni e sbruffoni in egual maniera.
Alcuni tuoi scatti possono alludere ad uno stile di vita trasgressivo. Che cosa è la trasgressione per te?
Non lo so. Cerco sempre di fare ciò che voglio e questo mi rende felice. Trasgredisco facendo cose che magari non mi piacciono, ma succede molto raramente, perché la regola sono io.
Ormai sono noioso, ma io questa domanda la devo fare. Mi racconti i progetti, i sogni legati al tuo lavoro?
Macché noioso, allora: c’è la campagna Unravel invernale che sarà una botta, se hai goduto di quella fatta per il primavera/estate con la prossima ti faccio decollare. In primavera poi una mostra a due col famoso artista Adriano de Vincentiis a Ginevra, io contro di lui, lui contro di me. Il De Vincentiis è un mostro, un gigante, è alto tre metri e con i suoi disegni ti fa sbavare in maniera magica. Dopo l’estate invece avrò una personale a Madrid. Poi altre campagne in esecuzione in questi giorni e in cantiere per i prossimi. E nelle pause ci bevo su.