Marco e la sua COVHERlab

A volte gli incontri più interessanti avvengono inaspettatamente. Devo ammettere che quello con il fashion designer Marco Giovanni Grisolia è stato proprio casuale. Subito mi sono innamorato dei suoi abiti, dei drappeggi, della palette cromatica ricca di toni neutri e naturali, capaci di esaltare la costruzione dei capi, l’approccio quasi materico con il tessuto. Ci siamo persi in chiacchiere e ho scoperto che la creatività di Marco, classe 1978, nato a Scalea e studi all’Accademia di Belle Arti di Brera alle spalle, trova in Roma il suo punto di partenza, ma che non si ferma certo lì. Potete trovare la sua linea COVHERlab in Via Del Pellegrino, ma anche curiosare nella pagina dedicata al brand su facebook. In attesa, almeno io spero e glielo auguro, visto le indubbie doti, di calcare presto le passerelle, se non nuovamente quelle di New York, almeno quelle di Milano.

Scoprite con me Covherlab by Marco Grisolia.    
 

Questa foto e quelle a seguire hanno come protagonista la collezione Ippocampo e sono state scattate da Mario De Grossi.

 

 

 

Come è arrivato al suo spazio romano che, se non erro, è in una location molto caratteristica di Roma?
Lo spazio in questione, la ‘Bottega’ come la chiamo io, è un ex colorificio di proprietà di un anziano signore e per accaparrarmi quelle mura gli ho fatto la corte per un anno intero! Sono pochi metri quadrati nel bel mezzo del centro storico di Roma, nel rione Regola, crocevia di artisti e artigiani. Un investimento costato non pochi sacrifici, ma che ha sancito un nuovo inizio per me e il mio piccolo staff. Attualmente all’interno del numero civico 127, presento al pubblico le mie collezioni pret-a-porter e, su richiesta, lo sviluppo personalizzato di capi su misura o couture, che dir si voglia.
Alcune stagioni fa ha presentato i suoi capi in una galleria di New York. Mi racconta come è andata?
È accaduto il 21 febbraio 2009, grazie al progetto di un’amica che vive e lavora negli States. Un esordio fuori sede inatteso, a ridosso della fashion week della Grande Mela, un’esperienza che mi ha segnato positivamente e che mi ha svelato un intero universo, prima di allora inesplorato. Ricordo tutto nei minimi dettagli e l’aspetto che tuttora mi sorprende è la fluidità con la quale ogni cosa si è compiuta. La professionalità e l’entusiasmo di tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione della presentazione. Nonostante il forte vento di recessione che proprio in quei giorni soffiava impetuoso.
 
 
 

 

 

Perchè il nome Covher Lab?
Tutto nasce da Cover-girl, ‘ragazza copertina’, uno stereotipo inflazionato e, per certi versi, anche un po’ dispregiativo. COVHERlab è quasi un anagramma, vuole rappresentare la rilettura di un genere ben radicato nell’immaginario collettivo, una immagine ben precisa su cui ristabilire e sperimentare nuovi codici estetici, in bilico tra fashion ed etica.
Ci può raccontare in breve il suo stile?
Sicuramente è lontano da massimalismi decorativi e orpelli inutili. Sbaglio?
Lo stile deve sempre tener conto di due aspetti fondamentali e imprescindibili quali: il tempismo e la contemporaneità. Questioni che spesso molti designer sottovalutano per motivi di estro. Credo che la creatività in questo preciso momento storico abbia senso solo se gli elementi che la caratterizzano hanno come principio di base la sintesi. Trovo che i virtuosismi nella moda, così come in altri settori abbiano a che fare più con l’egocentrismo di chi li genera, che di chi li fruisce. Concetto quanto mai palese se si parla di buon gusto.

 

 

 

 

Come nasce un suo abito?
Partendo dallo schizzo su carta, come tradizione insegna, un’idea preconcetta nasce man mano, linea su linea, passaggio dopo passaggio. La scelta del tessuto, o prima o dopo non ha importanza, necessario è che abbia i requisiti giusti. Il colore invece gioca un ruolo fondamentale, conferisce allo stesso tempo plasticità e disciplina. La valutazione tecnica poi determina il metodo di taglio e confezione, talvolta li eseguo in piano, altre in presa diretta sul manichino, come una sorta di rituale fatto di gesti semplici e calcolati. Dove non sono ammesse sbavature. A meno che il mood non lo richieda!
 

Ritratto dello stilista Marco Grisolia

  1. francesco Rispondi

    ti auguro tantissima fortuna marcolì… le tue indubbie capacità devono essere assolutamente premiate! spero che tu possa scalare le vette più importati, avere spazio nelle passerelle più in voga! un bacione.. TUO CUGINO FRANCESCO!

  2. Fol Foltons Rispondi

    devo ammettere che ¨ ho conosciuto ¨ Marco prima di sapere che fa Lui i vestiti che vende… ma che stupido che sono… poi mi e sembrata proprio diversa la moda che si presenta un po furturuistica , motlo vestibile nel stesso momento, elegante e sutilmete romantica… una cosa che ti vuole dire pero non la dice mai fino al fine… credo che presto sera uno dei promessi piu importanti  nel mondo della moda … sicuro si vado a Roma , la cosa che faró sicuro e visitare il COVEHERlab … interesantissimo… besos PItt Foltons

  3. Francesco Colombo Rispondi

    tre elementi struttura, colore, forma per abiti che nella loro basica complessità hanno la capacità di narrare viaggi proponendo luoghi ed atmosfere eclettiche ma il cui comun denominatore sembra restare il rigore; sia per quel che concerne l’uso del drappeggio che evoca un non so che di romantico ed antico sia per i tagli di sapore contemporaneo. I colori sono quelli terreni in grado di appagare lo sguardo e di far scivolare la mente lontano

  4. marika Rispondi

     bisogna essere fortunati a conoscere certe persone: io lo sono. Marco è un talentuoso dentro e fuori e semplicemente vedo che nei suoi abiti mette in pratica la meraviglia della sua anima. Marco non è una promessa o un astro, Marco FA la moda da sempre, con pazienza, diletto, consapevolezza, ARTE. Un’arte che commuove e appassiona tutte le creature che possono ammirarla e sentirla.

  5. Irene Rispondi

    Non esistono più stilisti che intendono la moda come Marco. L’ho visto con i miei occhi cucire, tagliare, drappeggiare sul manichino dominando e allo stesso tempo assecondando il tessuto. Il punto è il momento in cui l’anima si ingabbia tra le fibre e l’abito diventa l’espressione di un sogno tra le pieghe di una realtà molto più materiale…non esistono più stilisti che intendono la moda come Marco, perchè gli stessi stilisti sono spesso vittime della moda e non artefici e per questo ci indottrinano di sbagliate iconografie. Io guardo Marco con la stima di chi conosce il suo mestiere e gli auguro un grande successo che non sempre significa la luce abbagliante della passerelle, ma l’alba della nostra anima che rimanga integra a tutti i "costi".

  6. veronica nobile mino Rispondi

    l’inconfondibile stile di marco mi emoziona ogni volta che vedo immagini dei suoi lavori o entro nel suo atelier.è molto difficile ora trovare qualcuno che nella moda sia così ispirato.le splendide linee dei suoi abiti nella loro semplicità hanno un’eleganza rara. mi ha colpito soprattutto l’insieme del suo lavoro: la scelta del tessuto, del colore e della forma, ma soprattutto un abito di marco è come una scultura che cade perfettamente e diversamente sul corpo di ogni donna che lo indossa.è forse proprio questa la sua grande abilità: finito di creare e confezionare l’abito lui lascia alla donna che lo sceglie la libera interpretazione dell’abito al contrario di molti stilisti che ‘odiano’ le donne, costringendole in forme e taglie limitate,lui le venera creando per loro abiti senza tempo ma studiati per il quotidiano, linee e forme femminili che donano ad ogni tipo di donna dalla 38 alla 48. ogni donna è interprete del proprio abito covherlab.quello che maggiormente mi ha colpita è la poesia che trasmette nella sua continua ricerca stilistica.le sue creazioni sono frutto tangibile dei suoi sogni e della sua passione.bravo marco!   

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