Passion for Fashion (Incontro con Simone Valsecchi) part 1

È amico di amici e quando mi hanno parlato di lui per la prima volta mi è stato detto: “Devi assolutamente conoscerlo. La sua cultura della moda è vastissima e il suo archivio di abiti molto bello”. E in effetti Simone Valsecchi è davvero una persona fuori dal comune. 36 anni, vive sul lago di Como, ma è sempre in viaggio. Si definisce una persona riservata, un po’ orso, che ama il buon vino, cucinare, studiare e che non possiede un televisore! Un lavoro a contatto con gli abiti, di cui è conoscitore a tal punto che è capace di soffermarsi a notare una cucitura o una particolare lavorazione. Ha fatto dell’amore per i vestiti la sua professione, ma la sua voglia di conoscenza è diventata anche una collezione, che va da un Charles Worth originale ai molti capi dell’amato Gaultier, di cui ha iniziato una vera e propria raccolta.

 

Incontriamo Simone Valsecchi.

 

 

Abito di Charles Worth, con firma all’interno, del 1885

 

 

Particolare di giacca inquartata in seta ricamata, della seconda metà del ‘700 

 

Partiamo dalla tua passione per gli abiti e lo stile. Mi racconti come è nato il tuo amore per la moda? Diciamo che non è nato, c’è sempre stato e un giorno ho imparato a riconoscerlo. Chi mi stava vicino sapeva già da tempo della mia naturale attrazione verso i tessuti e gli abiti, quando la nonna si faceva fare le camicie in dentelle dalla sarta o venivo portato a Torino a comprare i tessuti per la sarta, giocavo con i ritagli guardando attraverso le trame della stoffa o strappavo dai giornali le "forme" e i colori" che mi piacevano: quelli erano i attimi per me di piacere. Momenti di gioco, naturale, normale.
Come  si è trasformato questo amore in professione? Quali i momenti più importanti legati al suo lavoro?Il mio Amore si è trasformato in professione, anche se lo considero ancora una grande passione, in modo strano e alterno. Terminate le scuole superiori chiesi ai miei genitori di seguire quello che più mi rendeva felice e cioè la fotografia, frequentai quindi un corso e uno stage da Fabrizio Ferri al Superstudio di Milano, ma capii che volevo di più e cercavo un sub-strato di cultura e internazionalità e sopratutto volevo "far andare le mani", quindi decisi di iscrivermi all’Accademia di Brera all’unico indirizzo che aveva anche la presenza di costume, cioè Scenografia, dove riuscii a soddisfare la mia sete già dal primo giorno, quando in un francese basico e scolastico, riuscii a discorrere con una ragazza più grande di me, ma del mio stesso corso, di quanto fosse possibile ritenere Mugler un couturier du spectacle… tutt’ora Louise, così si chiama, è una delle mie amiche più care. In Accademia fu interessante scoprire quanto fermento ci fosse non solo derivato dalle materie e dai docenti, ma anche dagli alunni che "vivevano" la struttura. Gli esami poi mi erano particolarmente facili e quindi cercai dai "lavoretti" in sartoria.

 

 

 

 

Abito plissettato in seta, Mariano Fortuny, circa 1910 

 

Tutti gli abiti sono della collezione personale di Simone Valsecchi.

  

 

 

  1. micheluzzolo Rispondi

    doveroso un inchino cortese…per chi già è fonte di curiosità ( e certo di invidia)!!!

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