Passion for Fashion (Incontro con Simone Valsecchi) part 2

Abito in velluto di seta blu, 1940

 

 Abito lavorato a motivo di ventagli, in tulle,1955

 

 

 

Cappotto azzurro con bordi ricamati, 1962 

 

 

Poi arrivarono Gaultier e il teatro? Conobbi lo stilista francese a Milano in una sartoria che stava realizzando i costumi per uno spettacolo che sarebbe andato in scena a Firenze prodotto da Vogue Italia, fu un sogno che si realizzava e indovina di chi erano il 90% delle forme e dei colori che avevo per anni ritagliato? In un anno successero molte cose per me importantissime: lavorai con Jean Paul, il quale mi chiese di andare a Parigi, ma temporeggiai perché una mia amica mi chiese di fare lo stylist per Raul Bova in scena al Piccolo Teatro di Milano. Scelsi questa avventura che mi portò in una sartoria teatrale, la seconda dopo quella de La Scala all’interno di un teatro stabile. Poi il mio docente di scenografia, che con gli anni è diventato per me mentore ed esempio, Angelo Ghilardi, mi "invitò" a vedere alcune "cose" che stava curando, ebbene era lo scenografo nonché cugino, di uno dei più grandi stilisti italiani: Gianfranco Ferrè. Iniziai una collaborazione con il grande fashion designer, durata svariati anni. Non ero assunto in ufficio stile, ma una settimana prima di ogni collezione venivo chiamato per seguire progetti particolari o la realizzazione dei capi unici che avrebbero sfilato o sarebbero stati regalati a celebrities. È stata la persona che più mi ha chiesto e più mi ha dato sino ad ora, mi manca moltissimo e sono ancora molto legato a questo brand, ad alcune persone che ci lavorano, all’educazione visiva che ne ho ricevuto e a ciò che ha rappresentato per me.
Ha lavorato anche con Luca Ronconi, se non erro. Sì, con il suo arrivo alla direzione del Piccolo Teatro servivano assistenti in sartoria, mi chiamarono e mi trovai a risolvere alcune mansioni e problemi che non sapevo neanche se avessi potuto affrontare. Ma lo feci e Ronconi se ne accorse ed il giorno dopo il debutto dello spettacolo per il quale ero stato chiamato mi chiese se mi andava di collaborare con lui. Sono rimasto al Piccolo per 10 anni in tutto. Ora continuo sempre con il teatro, scegliendo però percorsi più sperimentali, come quello di Ricci/Forte, duo emergente del teatro di ricerca, e curo inoltre lo styling per eventi o shooting, oltre ad aver curato personalmente un’esposizione di abiti all’interno di un museo.
 
 

 

 Tuta Gaultier, collezione ‘Mad Max’, autunno/inverno 1995-1996

 

 

 

Figurino + giacca Gaultier, dal film "Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante" (1989) Regia di Peter Greenaway

 

Perchè è nato l’archivio e quali finalità ha? È iniziato tutto da una camicia della nonna, in raso di seta maron glacè, doppiata in pizzo dentelle, poi è inevitabilmente continuato sull’onda delle ricerche che facevo in teatro. Come ho detto sono una testa dura e non mi basta vedere in un museo un bustino ‘700, ho bisogno di maneggiarlo, di capire com’era cucito e c’è davvero da restarne stupiti! Ad esempio se paragonate alle donne di oggi le dimensioni di certi bustini parrebbero per ragazzine al massimo di 12 anni, ovvio che poi quando si inizia una "ricerca" come la mia, si toccano altri aspetti che non riguardano più solo il design ma diventano antropologia o, nel caso dello spettacolo, anche drammaturgia. Si arriva a capire e ad amare, anche rispettare, certe lavorazioni, come le cuciture finissime di aghi e macchine che non esistono più, tessuti oramai scomparsi come la canapa, certe lavorazioni artigianali di confezione e tintura, innovazioni come il ‘tagliaecuci’ del dopoguerra, il capire cosa significa la parola nylon nata per le calze da donna (non potendo essere fatte in seta per via della guerra e dei paracadute che ne assorbivano tutta la produzione, venne pensato di usare un filo sintetico e di "venderlo" negli unici due mercati possibili, l’America e lIinghilterra che per ultima entrò in armi, quindi nylon dalle iniziali di New York e dalla prima parte della parola London). Raccolgo e colleziono oggetti che mi insegnano cose che non so e che mi ammaliano con la loro presenza. Non è una vera e propria collezione, perché non segue dei rigorosi parametri storici o di stile, è piuttosto un bisogno di raccogliere e salvaguardare un passato che è scomparso e non è solo mio, ma di tutti.
Mi racconta i pezzi a cui è più legato e perché? I capi a cui sono più legato oltre alla camicia sopracitata, sono un nastrino del ‘700, un manteaux anni venti di Chanel, appartenuto ad Eleonora Duse e alcuni pezzi disegnati da Gaultier per il ‘Confession Tour’ di Madonna, ma il motivo del mio attaccamento lo vorrei tenere segreto.
 
 

Ritratto di Simone Valsecchi

 

Tutti gli abiti provengono dalla collezione personale di Simone Valsecchi

Per maggiori info è possibile contattare Simone attraverso il suo profilo di Facebook.

  1. Stefano Guerrini Rispondi

    Ciao Marzio…in effetti l’Archivio di Simone è notevole…non ho potuto mettere tutte le foto, ma ha davvero dei capi pazzeschi. Ci servono persone come lui di cultura e appassionate…peccato che -in altri casi- molti archivi storici a mio avviso siano persi in chissà quali scatoloni…